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“Progettare futuri possibili”, premiati i vincitori

“Progettare futuri possibili” è uno straordinario percorso biennale ideato da Fondazione Franco Albini e Franco Albini Academy e promosso e sviluppato con Rubner Haus, in collaborazione con Studio Albini Associati, Scuola del Design del Politecnico di Milano e Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni (AUIC) Politecnico di Milano, allo scopo di rilanciare una nuova cultura del progetto nella contemporaneità, sperimentare soluzioni costruttive innovative in legno e offrire una piattaforma di visibilità ai giovani talenti.

Con il patrocinio di ADI Associazione per il Design Industriale, Ordine degli Architetti di Sassari, Salone del Mobile.Milano e con il supporto di Triennale Milano, il percorso si è aperto con il lancio di un Concorso per la progettazione di una struttura in legno leggera, innovativa, sostenibile, riciclabile, dal design forte che valorizzi le performance costruttive del legno, e allo stesso tempo, trasformabile, versatile, modulare. Seguirà̀ a settembre una settimana di workshop a Casa Albini in Sardegna dove i 3 vincitori del Concorso verranno condotti a esplorare un nuovo approccio alla progettazione attraverso tecniche interdisciplinari e il Metodo Albini che li porterà̀ a scomporre i singoli progetti in parti, cercare l’essenza di ognuno e ricomporli in un unico progetto collettivo nato in co-creazione. L’ultima tappa del progetto è per l’anno prossimo quando un prototipo della struttura in legno nata in co-creazione, verrà realizzato da Rubner Haus e portato in mostra durante la Design Week 2024 per poi trovare la sua collocazione stabile presso Casa Albini.

“Franco Albini era architetto, designer e urbanista e nel suo archivio sono conservati più di 22.000 disegni che spaziano e integrano ognuno di questi campi – sottolinea Paola Albini presidente di Fondazione Franco Albini e founder della Franco Albini Academy – Nonostante i diversi ambiti di azione, nella sua opera si legge sempre una coerenza di procedimento, una stessa cifra stilistica. Ma come è possibile che il disegno di un edificio o di una grande architettura segua uno stesso procedimento, cosa lega progetti così diversi tra loro? Nel caso di Albini verrebbe da rispondere la leggerezza, il rigore, la razionalità poetica ma questo è un effetto formale che nasce da una consapevolezza interna e da 5 principi di un metodo di lavoro molto preciso: 1. Scomporre: è partire da ciò che c’è, dalla propria tradizione, le proprie radici, il proprio vissuto: buttare sul tavolo tutte le idee che incontrano e possono delineare la nostra visione. 2. Cercare l’essenza: è togliere ciò che non serve, arrivare al nucleo, a ciò che sta al centro, che sostiene le nostre azioni, che rappresenta il nostro Perché: chi sono? cosa voglio dire attraverso quello che faccio? Che segno voglio lasciare? 3. Ricomporre: è trovare una nuova forma alla realtà, tirare fuori ciò che sta dentro, trasformare le cose secondo il nostro personale modo di vedere il mondo. 4. Verificare: significa monitorare il percorso, indagare tutte le potenzialità racchiuse dentro un’idea e andare sempre più in profondità, all’essenza del progetto. 5. Agire con responsabilità sociale: è il fondamento, il motore dell’azione, il principio cardine che trasforma il processo creativo in un contributo al “prossimo nostro”. Questo è il Metodo Albini e questo è quello che con la Fondazione, con l’Academy e oggi con Casa Albini, cerchiamo di divulgare come strumento per la buona progettazione e per la buona vita.”

“Forte, tattile, esteticamente attraente – aggiunge Michael Rubner, quarta generazione in azienda e Responsabile Vendite per l’Italia di Rubner Haus – il legno è essenziale in un’epoca di consumo eccessivo e cambiamenti climatici, grazie al suo basso impatto sull’ambiente e al fatto che può essere facilmente riciclato. Questo progetto vuole chiamare le nuove generazione di architetti a riflettere sulla necessità di porre fine all’attuale cultura usa e getta esplorando le performance strutturali, estetiche e sostenibili di questo materiale. Costruire in legno significa partecipare attivamente alla transizione ecologica e farsi portavoce di un metodo di costruzione che può ridurre della metà le emissioni di CO2 degli edifici. Secondo uno studio condotto dal Built Environment Department, School of Engineering, Aalto University, Espoo, Finland, l’energia incorporata degli edifici in legno è inferiore del 28-47% rispetto a quella degli edifici in cemento e acciaio. I valori medi e mediani delle emissioni incorporate sono 2,92 e 2,97 per il legno, 4,08 e 3,95 per il cemento e 5,55 e 5,53 GJ/m2 per gli edifici in acciaio. Un dato importante se si considera che, secondo l’International Energy Agency – IEA, il 2023 potrebbe essere l’anno della storia umana con la più alta concentrazione di emissioni di CO2 nell’atmosfera.”

Il Concorso

Dedicato a giovani architetti under 35 e agli studenti dell’ultimo anno di Scuola del Design del Politecnico di Milano e Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni (AUIC) Politecnico di Milano, con il supporto mediatico di Professione Architetto, il Concorso ha sfidato i partecipanti nella progettazione di un luogo polifunzionale che favorisse “l’incontro” e fosse in grado di accogliere attività interdisciplinari di integrazione tra corpo e mente (es: team building, yoga, mindfulness, attività creative), come anche attività culturali con fini educativi e di intrattenimento (es: piccole esposizioni, proiezioni, performance), o piccoli esercizi commerciali (es: bungalow per glamping, flagship store, modulo emergenziale). Il 15 giugno 2023 i 3 progetti più̀ meritevoli, selezionati da una Giuria d’eccellenza composta da Francesco Abini, architetto Studio Albini Associati; Paola Albini, presidente Fondazione Franco Albini; Ico Migliore, architetto e docente del Politecnico di Milano; Giampiero Bosoni, storico del design e docente del Politecnico di Milano; Francesco Zurlo, preside della Scuola del Design del Politecnico; Ilaria Valente, vice rettrice relazioni internazionali del Politecnico di Milano; Daniel Gasser, responsabile ricerca e sviluppo, vendite e marketing di Rubner Haus e Andreas Webhofer, responsabile comunicazione di Rubner Haus, verranno premiati in una cerimonia pubblica presso Triennale Milano.

 

Il Workshop

Casa Albini è un luogo di ispirazione e bellezza immerso nella straordinaria cornice della Gallura in Sardegna e una casa museo arredata interamente con i mobili del Maestro Franco Albini rieditati da Cassina, Knoll, Arflex, Bonacina 1889, Nemo, Officina della Scala, Codice Icona, Exteta, Sika Design. È qui che i tre vincitori del Concorso trascorreranno 7 giorni intensivi in cui Franco Albini Accademy, con il supporto tecnico degli ingegneri di Rubner Haus, li accompagnerà in un percorso esperienziale e interdisciplinare per dar vita, attraverso un processo di scomposizione, ricerca dell’essenza, ricomposizione, verifica e responsabilità sociale, a un unico progetto collettivo di co-creazione. In una sorta di Reality della Creatività, l’esperienza verrà documentata in una VideoSerie che mostrerà l’evoluzione del pensiero durante tutto il percorso, tra lavori di team building, confronti con esperti, ispirazioni in natura, incontri con artigiani e personalità locali che condivideranno la cura del dettaglio tramandata attraverso la tradizione.

La mostra durante la Design Week 2024

Il progetto collettivo nato in co-creazione verrà poi realizzato da Rubner Haus e l’installazione verrà̀ portata in mostra in una delle location più rinomate durante la Milano Design Week 2024. Subito dopo la mostra, coerentemente alla filosofia di Rubner Haus e di Franco Albini della durabilità e del riuso, l’installazione verrà collocata presso Casa Albini, vetrina di visibilità e fulcro di azioni progettuali e manifestazioni artistiche in programma dal prossimo autunno.

PROGETTARE FUTURI POSSIBILI, I VINCITORI DEL CONCORSO 

WUNDERKAMMER: DOVE IL LEGNO HA LA SUA ANIMA

di Guillermo Sanchez Cardenas

Relazione di progetto

Dopo il covid, siamo diventati tutti consapevoli dell’influenza che gli spazi che abitiamo hanno su di noi, e questo è diventato il punto di partenza di questo progetto. L’idea è stata ispirata dalla Wunderkammer o Cabinet of Curiosities, in riferimento al periodo storico in cui le collezioni private venivano aperte al pubblico, rendendo le ‘meraviglie’ accessibili a tutti. In questo caso, le persone sono le “meraviglie” dell’architettura, sono loro che danno senso allo spazio attraverso le attività che svolgono. L’architettura dovrebbe essere disponibile per tutti. Mi affascina l’idea che una struttura sia l’intero progetto. Una costruzione pura piuttosto che un’architettura finita. La tecnica del blockhaus era perfetta per questa idea e sapevo che il modo migliore per capire davvero dove stava andando il mio progetto era costruire un modello in scala 1:20, per esplorare quanto fosse facile assemblare, smontare e trasportare il mio progetto modulare.

Il processo di progettazione è iniziato con un quadrato di 49 metri quadrati, che fornisce la versatilità necessaria per il progetto. Dividendo il quadrato in moduli di 1 metro per 1 metro, ho articolato lo spazio in una struttura asimmetrica di due nicchie a forma di C di 4,30 x 1 metro e due di 3,30 x 1 metro. Queste nicchie sono l’anima del progetto perché tutto nel progetto è in funzione di esse. Fungono da struttura principale, da spazi di servizio, da ingresso e da principale fonte di luce per la Wunderkammer con i suoi lucernari che filtrano la luce e suggeriscono un’atmosfera tranquilla e confortevole all’interno dell’edificio. Due finestre d’angolo sono formate dalla struttura del tetto; queste finestre d’angolo permettono di far entrare più luce al centro dell’edificio e di vedere cosa succede all’interno.

Come dimostrato dal modello fisico che ho realizzato, i pochi componenti dell’edificio sono facili da trasportare e assemblare. Per quanto riguarda la sostenibilità, credo che la sostenibilità in architettura abbia più a che fare con la bellezza e la versatilità: un bell’edificio che può essere usato in molti modi per molti anni è l’architettura più sostenibile. Il legno è associato alla leggerezza, ma con blockhaus diventa un elemento massiccio; ero molto interessato a questa idea, così ho deciso di posizionare le finestre sul tetto e sugli angoli piuttosto che fare dei fori sul muro. Un approccio sensato alla lavorazione di questo bellissimo materiale mi ha fatto capire che è in questa tecnica di falegnameria che il legno ha la sua anima.

ON STAGE di Carlo Farina Architetto

La passione per il mondo del teatro è il fulcro della mia ispirazione creativa per questo concorso, mentre la semplicità e la leggerezza nella ricerca progettuale sono i tratti distintivi dell’architettura proposta. Un’architettura che segue la poetica della sottrazione, spinta al minimo necessario, all’essenza della sua funzione. Ma allo stesso tempo che garantisca una logica costruttiva snella e d’impatto, votata alla modularità ed alla versatilità dello spazio. Spazio che, sia esso circoscritto o idealmente determinato, è da considerarsi “vivo” soprattutto quando al suo interno avvengono incontri ed interazioni. Maestri come Franco Albini e Sigheru Ban che con i loro lavori ricchi di tecnica e ricercata leggerezza tra spazio e oggetto hanno da sempre responsabilizzato il ruolo dell’architetto, mi hanno spinto a ragionare su un ambiente modulare molto semplice di 12mq circa, la cui struttura portante è realizzata da setti in legno bi-lamellare ed assemblata con sistema ad incastro Blockhaus. Questi setti sono tecnicamente ridotti al minimo indispensabile per garantire stabilità e predisposizione impiantistica, in modo che la luce, penetrando dai quattro ampi portali, sia sempre protagonista all’interno della composizione.

Ma il vero carattere distintivo del modulo è la presenza di una struttura in copertura a travi e travetti in legno lamellare che si ispira apertamente alla graticcia utilizzata nei teatri. Le travi sono ancorate tra loro tramite incastri “tenone-mortasa” e l’intero meccanismo rende estremamente versatile lo spazio grazie alla rapida manovra di stangoni e differenti versioni di quinte sceniche che forniscono molteplici destinazioni d’uso a seconda dell’esigenza e che caratterizzano maggiormente lo spazio garantendo una pianta libera e la totale assenza di pareti interne fisse. Le quinte e gli stangoni in legno sono dotati di ganci regolabili per mezzo dei quali vengono appesi a dei rocchetti sapientemente disposti sulla graticcia, proprio come in tutti quei teatri muniti di torre scenica. L’intero modulo può essere attrezzato con barre d’acciaio avvitate sul perimetro superiore della struttura che vengono utilizzate come ancoraggio del tessuto tecnico di copertura in poliestere Nylon, tramite l’utilizzo di corde di iuta intrecciata. La versatilità di questo modulo base gioca un ruolo estremamente fondamentale poiché può essere affiancato ad altri moduli identici su tutti i suoi lati, creando spazi di varie metrature e la possibilità di realizzare composizioni differenti. L’anima componibile del progetto, grazie specialmente alla quasi totale libertà di spostamento delle quinte, gioca sullo studio e la ricerca di spazi facilmente assemblabili che siano in grado di trasformarsi per favorire le più svariate attività. Una sorta di palcoscenico minimo, dunque. Capace di garantire un continuo avvicendamento tra accoglienza, intrattenimento, educazione, aiuto e, soprattutto, ascolto.

LA VEDUTA KIT, come uno spazio da comporre che apre il suo sguardo verso l’esterno di Veronica Pesenti Rossi

“Un’idea di progetto chiaro, semplice, leggero, versatile, riciclabile e modulare…”: sono alcune delle richieste che indirizzano in modo chiaro il concept iniziale. Il modulo è stato il mio pensiero iniziale, la ricerca di una forma semplice che evidenziasse il sistema Blockhaus è stato il concetto a cui ho voluto dar rilievo. Un incrocio fra elementi lignei ben definito, capace di “portare all’esterno” il sistema costruttivo portante. Da piccola mi divertivo a giocare incastrando elementi lignei per costruire delle baite di montagna, mi divertivo a unire i vari elementi in posizioni “consuete”, come le immagini del libretto di istruzioni. Quel gioco, senza rendermene conto, rispecchiava il sistema costruttivo Blockhaus. Ho ripreso le forme semplici che componevo, per lo più a base quadrata, osservandole da vari punti di vista, ruotandole, facendole mie. Il risultato è la definizione di più moduli, di dimensioni differenti, accostabili, incrociabili, capaci di definire molteplici spazi in relazione alla necessità. Sono moduli pensati liberi da uno schema compositivo, se non per il basamento a cui vanno fissati. L’idea principale è che siano senza pareti, senza confini, ma si è comunque pensato alla possibilità di pannelli ad incastro per definire uno spazio chiuso. Senza pareti perché è il modulo stesso la parete, il limite. Solo uno è pensato chiuso, per contenere i servizi.

“Una struttura che gioca sulla versatilità studiando la luce e lo spazio per favorire attività interdisciplinari per l’integrazione tra corpo e mente…” La Sardegna, quale natura incontaminata, è il luogo ideale per staccarsi dal mondo trovando un legame tra corpo e mente, lasciandosi trascinare dai suoni e dai profumi dell’ambiente circostante. Il modulo aperto e componibile permette con contatto diretto sia sensoriale che materiale con l’ambiente circostante. Permette un passaggio costante della luce e del vento, propositivo per le attività creative e di yoga. Per venire incontro a situazioni di pioggia o di troppo sole si è comunque pensato a delle schermature in tela, a forma triangolare, agganciabili con dei tiranti in metallo direttamente alla struttura o ai moduli. I moduli sono in totale 5, come si può vedere nella tavola 2. Sono state fatte tre proposte compositive, una per un’ipotetica attività di coworking, una per uno spazio espositivo e una per uno spazio commerciale.

Progettare futuri possibili

Gruppo Rubner

Nato a Chienes, in provincia di Bolzano, da una segheria ad acqua, il Gruppo Rubner impiega circa 1400 persone, conta 18 stabilimenti tra Italia, Austria, Germania e Francia e il 55% dei ricavi lo sviluppa oltre i confini nazionali. Le soluzioni spaziano da case e porte sino alla progettazione e realizzazione di grandi opere strutturali realizzate in legno lamellare come edifici multipiano, scuole, capannoni, stabilimenti industriali e uffici, centri commerciali, centri congressi, palestre, stadi, depositi e magazzini, hotel. Le aziende del Gruppo Rubner coprono tutta la filiera produttiva: l’industria del legno in cui sono attive RUBNER HOLZINDUSTRIE, realtà specializzata nella produzione di segati e semilavorati in abete; NORDPAN che produce e commercializza pannelli in legno massiccio di elevata qualità, monostrato e multistrato e nelle più vaste dimensioni e qualità; le grandi strutture in legno ingegnerizzate, presidiate da RUBNER che rappresenta il settore più dinamico e tecnologicamente avanzato del Gruppo; le case in legno mono e bifamiliari di cui RUBNER HAUS è il principale interlocutore sul mercato italiano con oltre 25.000 architetture realizzate utilizzando le varie componenti dell’albero – legno, sughero e fibra di legno – per un vivere salubre e sostenibile; le case in puro legno di holzius che, grazie a tecnica brevettata, è in grado di realizzare pareti e solai in legno senza l’impiego di colla e parti metalliche. Infine, le porte in legno in cui RUBNER TÜREN si è guadagnata la fama di specialista nella produzione di soluzioni ‘su misura’ di grande pregio per interni ed esterni e le finestre di RUBNER FENSTER, specializzata nella progettazione e costruzione di serramenti in legno massiccio e legno-alluminio. rubner.com

Fondazione Franco Albini, Academy e Studio Albini

Una Fondazione, un’Academy e uno Studio di architettura per restituire alla contemporaneità̀ il valore culturale di un Archivio storico. La Fondazione Franco Albini è un polo culturale aperto al dialogo, alla ricerca e alla progettazione interdisciplinare che nasce per valorizzare l’Archivio Albini Helg vincolato dallo Stato italiano come Patrimonio storico nazionale. Allo scopo di divulgare la cultura del progetto a professionisti del settore e non, realizza visite guidate interattive nello studio storico, ricerca, spettacoli teatrali, eventi, pubblicazioni, mostre e certificazioni di autenticità̀ per i pezzi di design. La Franco Albini Academy è il ramo della Fondazione dedicato alla formazione che, ispirandosi alla forma mentis del grande Maestro dell’innovazione, accompagna le persone verso la propria realizzazione attraverso workshop interdisciplinari rivolti ad aziende, università̀, operatori sanitari, scuole e gruppi in genere. Lo Studio Albini rappresenta infine la continuità̀ di un Metodo di lavoro e di un’etica professionale operando nel recupero del patrimonio storico, nella museografia e nell’interior design. Tre realtà̀ che con passione traducono la tradizione e la trasformano in modernità̀, proprio come Franco Albini ci ha insegnato.

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